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APPROFONDIMENTI E CURIOSITA'

DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

  1. Introduzione

  2. Le cause dei disturbi alimentari

  3. Trattamento

  4. Anoressia nervosa

  5. Bulimia nervosa

  6. Disturbo da binge- eating

  7. Pica

  8. Disturbo da ruminazione

  9. Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo

  10. Disturbi della nutrizione o dell’Alimentazione con altra specificazione

  11. Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza specificazione

  12. Vigoressia o Bigoressia (Dismorfia muscolare)

  13. Ortoressia

  14. Vomiting o sindrome da vomito

Introduzione

Tra le affezioni psichiatriche e psicologiche tipiche della nostra epoca i disturbi del comportamento alimentare hanno assunto un sempre maggior rilievo clinico e sociale. Dal secondo  dopoguerra ad oggi la loro incidenza è infatti  notevolmente aumentata assumendo la dimensione di una vera e propria epidemia sociale. I disturbi del comportamento alimentare sono malattie gravi e complesse in cui il disagio è caratterizzato da un rapporto alterato con il cibo e con il proprio corpo. Le persone che ne sono affette vedono compromesse le loro condizioni fisiche, le loro risorse e abilità comportamentali, cognitive, relazionali e la loro capacità di sperimentare ed esprimere le emozioni. Un grave Disturbo del Comportamento Alimentare riduce notevolmente la qualità della vita e delle relazioni sociali della persona, comportando un restringimento degli interessi al cibo, al peso e ai rituali ad essi collegati. 
Caratteristiche di questi disturbi sono:

  • la loro crescente frequenza nella nostra epoca

  • la distribuzione quasi esclusiva nella cultura occidentale

  • la prevalente incidenza nell'ambito dell'età evolutiva

  • la frequente associazione di queste sindromi compulsive con una struttura di personalità di tipo borderline

  • il coinvolgimento spesso ampiamente maggioritario, per alcune di queste affezioni, del sesso femminile

Nel corso del tempo  si è assistito, oltre ad un incremento dei casi e una sempre più precoce comparsa, anche ad un cambiamento nella sintomatologia: dalla prevalenza di casi di anoressia restrittiva negli anni ’60,  si è passati nei decenni successivi, ad una sempre maggiore frequenza di casi di bulimia, spesso complicati da altri problemi psicopatologici come  l’abuso di alcol e droghe, aggressività, gesti auto-lesivi, depressione e tentativi di suicidio. Recentemente è stata rilevata una sempre maggiore diffusione di “forme parziali dei disturbi dell’alimentazione”, cioè di quadri clinici che pur essendo caratterizzati da anomalie del comportamento alimentare, non soddisfano i criteri diagnostici per l’anoressia o la bulimia nervosa, e che rientrano dunque  nei “Disturbi dell’alimentazione non Altrimenti Specificati”. Tra questi si segnala un’ ampia diffusione di casi di Binge Eating Disorder o disturbi da alimentazione incontrollata, in cui sono presenti condotte alimentari compulsive, (abbuffate), senza  i comportamenti di compenso (vomito autoindotto, uso di lassativi o attività fisica intensa) della Bulimia Nervosa. 
I disturbi alimentari presentano la caratteristica di essere egosintonici ossia la sintomatologia viene percepita dal paziente come la soluzione più vantaggiosa ponendo la persona in sintonia con la stessa. Nell’anoressia il perdere peso da un senso di gratificazione, di autocontrollo, capacità di gestire la situazione, attenzione da parte degli altri. Nella bulimia l’abbuffata è un modo per sedare l’ansia e la tensione mentre le condotte di eliminazione permettono di agire un controllo. 
Il DSM V fornisce criteri diagnostici per i seguenti disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: pica, disturbo da ruminazione , disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da binge eating. Nonostante alcuni comportamenti e  caratteristiche psicologiche siano comuni, i disturbi differiscono per decorso clinico, esito e trattamento, per cui durante un singolo episodio è possibile porre una unica diagnosi, ad eccezione della pica che può essere diagnosticata in presenza di qualunque altro disturbo della nutrizione e dell’alimentazione. 

Le cause dei disturbi alimentari

Gli studiosi sono concordi nel riconoscere l’etiologia multifattoriale di tali disturbi e sottolineano l’importanza delle componenti sociali e culturali. Infatti i disturbi del Comportamento alimentare  sono ugualmente diffusi in tutti i paesi industrializzati del mondo, mentre nei paesi in via di sviluppo questi quadri clinici compaiono via via che aumentano le disponibilità alimentari e si diffondono costumi propri delle nazioni più ricche. Tra i fattori socio- culturali, un posto di primo piano è riservato alla sovrabbondanza di cibo e all’ideale estetico di bellezza incarnato da un corpo magro e  super efficiente. La  sovrabbondanza di cibo per le popolazioni occidentali, ha spostato l’attenzione a come  quando e cosa mangiare, piuttosto che a sfamarsi. E’ caratteristica dei paesi industrializzati l’esaltazione della magrezza come espressione di attrazione e di prestigio sociale, ma paradossalmente accanto al diffondersi di tali ideali, negli ultimi 30 anni si è assistito ad un progressivo aumento del peso corporeo della popolazione giovanile che ha portato ad un sempre maggiore scarto tra l’aspetto fisico reale e quello ideale, situazione per cui alcuni autori hanno affermato che nelle società occidentali è normale  essere insoddisfatti del proprio corpo.
Un altro fattore determinante è l’avvento della tecnologia dell’informazione. A partire dagli anni sessanta lo sviluppo progressivo delle tecnologie e dei mezzi di comunicazione di massa ha comportato  mutamenti socioculturali tali da favorire  la comparsa di nuove forme  di costruzione dell’identità personale e l’uso del corpo come luogo elettivo di comunicazione della propria identità, dei propri valori, del proprio status:  l’individuo  quindi comincia a cercare fuori di sé  i modelli ai quali ispirare  le proprie azioni ed emozioni, le immagini condivise a cui adattarsi e attraverso le quali riconoscersi. L’esteriorità comincia in tal modo a orientare l’educazione dei bambini e le relazioni  interpersonali, oltre a definire gli stati interni.
L’eccessiva attenzione all’aspetto estetico, la preoccupazione costante di essere fisicamente attraenti, la continua comparazione ai modelli proposti, conducono ad una insoddisfazione per il proprio aspetto. Queste pressioni socioculturali hanno un forte impatto soprattutto nella fase adolescenziale in quanto in tale periodo il corpo assume un’importanza centrale ed è alla base della disarmonia emotiva che accompagna l’adolescenza a causa delle profonde trasformazioni fisiche, endocrinologiche e psicologiche che portano il giovane a cercare nuovi adattamenti. Il sesso femminile risulta  particolarmente sensibile alla pressione verso la magrezza, cercando disperatamente di conformarsi ai modelli proposti al fine di ottenere accettazione sociale, popolarità ed un partner di successo.  
I risultati degli studi epidemiologici indicano infatti che i disturbi alimentari sono più frequenti nel sesso femminile,  con un rapporto maschi/femmine di 1:10 per l’anoressia nervosa, e 1:20 per la bulimia nervosa pur essendosi verificato un recente aumento di incidenza maschile parallelo all’incremento generale della malattia.
Nonostante l’importanza dei  fattori socio culturali nello sviluppo dei disturbi alimentari, va sottolineato il fatto che il rifiuto del cibo o un suo consumo eccessivo sono il sintomo di un disagio che ha origine nell’esperienza personale  e dunque la pressione sociale  ad essere fisicamente attraenti può solo incrementare il rischio di Disturbi del Comportamento Alimentare in persone già predisposte. Gli studiosi hanno rilevato una concomitanza di fattori che possono variamente interagire. Si distinguono  fattori predisponenti  responsabili di una maggiore suscettibilità individuale al disturbo, sui quali  agiscono fattori precipitanti che determinano il momento in cui il soggetto si ammala,  e fattori di mantenimentoche dopo l’inizio della  malattia  ne assicurano il suo mantenimento nel tempo. 
Per quanto riguarda  i fattori predisponenti, accanto ad una predisposizione genetica allo sviluppo dei disturbi alimentari,  è fondamentale la presenza di fattori ambientali  come ad esempio l’influenza dei mass-media  e le pressioni del gruppo dei coetanei, e  di fattori di rischio personali  familiari e culturali. Tra i fattori individuali figurano il genere (femminile) e l’età (adolescenza, prima giovinezza), una storia di soprappeso e diete dimagranti. Rientrano nei fattori individuali anche caratteristiche psicologiche evidenziate con una certa frequenza come: bassa autostima, senso di impotenza e inefficacia,  estremo perfezionismo, incapacità di riconoscere le proprie emozioni, tendenza ad uniformarsi  alle richieste esterne e a soddisfare i bisogni degli altri, tendenza alla somatizzazione, difficoltà di adattamento sociale, ansia, abuso di sostanze, problemi di controllo degli impulsi, difficoltà nel processo di separazione-individuazione, rifiuto della sessualità, fissazione all’infanzia ed a forme infantili di dipendenza e di controllo, distorsione dell’immagine corporea, cattivo rapporto con il cibo appreso nell’infanzia. Spesso, prima della manifestazione della malattia, sono riferiti tratti ossessivi come la necessità di mettere in ordine od eccessive pulizie in casa e sintomi di tipo ansioso e depressivo. Nella Bulimia Nervosa si osservano spesso disturbi di personalità di tipo borderline: scarso controllo degli impulsi, bassa tolleranza delle frustrazioni, bruschi cambiamenti di umore, sessualità disordinata, abuso di sostanze. Tra i  fattori familiari individuati,  l’insoddisfazione per il proprio aspetto fisico in uno dei genitori è risultato spesso associato ad un atteggiamento analogo nelle figlie femmine. E’ stato infatti osservato che l’anoressia è più frequente  fra le sorelle e le madri di soggetti che ne soffrono rispetto alla popolazione generale. Si è evidenziata inoltre, la presenza di atteggiamenti ipercritici e ossessivi nelle famiglie di ragazze anoressiche.
fattori precipitanti sono situazioni che si verificano  nell’anno che precede l’esordio  del disturbo  e che agiscono attivando  lo schema di autovalutazione disfunzionale  nato gradualmente dal concorso  di vari fattori di rischio.  Potenziali fattori precipitanti possono essere:  cambio di casa o di città, una malattia importante, gravidanza, abuso fisico, abuso sessuale, inizio o fine di una relazione sentimentale, fallimenti scolastici o lavorativi, lutto, impegno lavorativo intenso, commenti critici per  alimentazione, peso, forme corporee.
Tra i fattori di mantenimento dei disturbi sono stati evidenziati:

  1. uno schema di autovalutazione disfunzionale (valutare se stessi in modo esclusivo o  predominante sulla base del peso, delle forme corporee, del controllo dell’alimentazione). Tale schema di autovalutazione determina la maggior parte delle altre caratteristiche cliniche quali l’estrema preoccupazione per il peso e le forme corporee, la dieta ferrea, il vomito autoindotto, l’esercizio fisico eccessivo, il  controllo del corpo (body checking), gli evitamenti dell’esposizione del corpo; l’unico comportamento non strettamente legato allo schema di autovalutazione disfunzionale è l’abbuffata che sembra essere conseguenza  del tentativo di restringere l’alimentazione o, in alcuni casi, di modulare emozioni intense.

  2. I pensieri e le preoccupazioni su alimentazione  peso e forme corporee mantengono continuamente attivato lo schema di autovalutazione disfunzionale, che a sua volta alimenta preoccupazioni su alimentazione  peso, e forme corporee dando vita ad un circolo vizioso disfunzionale.

  3. Quando la persona riesce a controllare l’alimentazione il peso e le forme corporee  riceve rinforzi positivi  (senso di trionfo) che mantengono attivo lo schema di autovalutazione disfunzionale. Altri rinforzi  sono i commenti positivi per il dimagrimento ottenuto e l’attenzione dei familiari  a causa della malattia.

  4. Rinforzi negativi si possono ricevere relativamente al fatto che la perdita di peso permette di evitare alcune situazioni avversive come, ad esempio un corpo da donna adulta ed i conflitti psicosessuali tipici dell’adolescenza.

  5. La dieta ferrea è un potente fattore di mantenimento in quanto: favorisce lo sviluppo di preoccupazioni nei confronti dell’alimentazione e queste mantengono attivato lo schema di autovalutazione disfunzionale; determina basso peso e sindrome da digiuno che sono fattori di mantenimento; favorisce la comparsa di abbuffate anch’esse fattori di mantenimento.

  6. L’esercizio fisico eccessivo  aumenta la preoccupazione per il peso e le forme corporee, favorisce l’isolamento sociale che è fattore di mantenimento, causa anoressia e perdita di interesse per il cibo, produce euforia  sensazione di controllo e benessere psicofisico (sensazioni che possono essere ricercate quando l’individuo sperimenta emozioni negative).

  7. La perdita di peso e la sindrome da digiuno (che si caratterizza per  la presenza di preoccupazioni per il cibo, collezione di ricette,  inusuali abitudini alimentari, incremento di consumo di tè e spezie, depressione, ansia, irritabilità, isolamento sociale, diminuita capacità di concentrazione, apatia, disturbi del sonno, debolezza, disturbi gastrointestinali, ipotermia, diminuzione del metabolismo basale, diminuzione dell’interesse sessuale, aumento della fame, precoce senso di sazietà),  oltre a peggiorare la qualità della vita tendono a mantenere il disturbo alimentare  generando un’estrema preoccupazione per il cibo che a sua volta esagera  la tendenza all’uso del controllo alimentare  come indice di autocontrollo ed autovalutazione; l’intensa fame è vissuta come una minaccia al controllo alimentare mentre il precoce senso di sazietà può essere vissuto come un fallimento dell’autocontrollo, per cui l’individuo   restringe ancora di più l’alimentazione;  la tendenza ad abbuffarsi induce senso di colpa che determina  maggiore ricorso ai comportamenti di compenso che a loro volta sono fattori di mantenimento; la diminuzione dell’interesse sessuale impedisce  lo sviluppo di una vita di relazione adulta e una valutazione di sé più articolata; l’isolamento sociale impedisce lo sviluppo di relazioni positive che possono migliorare l’autostima e favorisce l’uso   dell’alimentazione del peso e delle forme corporee come base principale per valutare se stessi; il deficit della concentrazione  può minacciare il senso di autocontrollo in quanto porta a percepirsi come  imprevedibili e incontrollabili; il rallentamento nella perdita di peso può essere vissuto come  una perdita di controllo e può essere affrontato  restringendo ulteriormente la dieta.

  8. Le abbuffate intensificano la paura di ingrassare  e aumentano la preoccupazione per il peso e le forme corporee, con la conseguenza che l’individuo restringe ulteriormente la dieta o utilizza  comportamenti di compenso  che a loro volta sono fattori di mantenimento; favoriscono lo sviluppo di emozioni negative che possono favorire altre abbuffate; attivano lo schema di autovalutazione disfunzionale in quanto l’individuo si autocritica per non essere riuscito a controllarsi.

  9. Il vomito autoindotto contribuisce a mantenere il disturbo dell’alimentazione in quanto:  diminuisce il controllo sull’alimentazione perché chi vomita pensa di non assorbire quello che mangia;  più lo stomaco è pieno più è facile vomitare; attiva lo schema di autovalutazione disfunzionale e peggiora la valutazione negativa di sé.

  10. Comportamenti di controllo dell’alimentazione ( food checking) favoriscono lo sviluppo di pensieri e preoccupazione per l’alimentazione  che a loro volta  attivano lo schema di autovalutazione disfunzionale.

  11. Comportamenti di controllo del corpo ( body checking)  aumentano la  preoccupazione ed i pensieri sul peso e le forme corporee che contribuiscono ad alimentare lo schema di autovalutazione disfunzionale e determinano una  alterata  percezione corporea.

  12.  Evitamenti di esposizione del corpo aumentano la preoccupazione e i pensieri sul peso e le forme corporee ( più si evita più ci si preoccupa) mantenendo attivo lo schema di valutazione disfunzionale; inoltre non permettono esperienze che possono invalidare alcune convinzioni irrazionali  riguardanti il proprio peso e le forme corporee.

Inoltre Riccardo Dalle Grave (autorevole studioso dell’argomento), individua alcuni fattori di mantenimento aggiuntivi (che possono essere presenti in alcuni pazienti, ma non in tutti), che interagiscono con i fattori di mantenimento specifici nel mantenere il disturbo e ostacolare la  guarigione: il perfezionismo clinico, la bassa autostima nucleare,  l’intolleranza alle emozioni ed i problemi interpersonali. 


Trattamento

La Terapia Cognitivo Comportamentale è considerata particolarmente efficace nella cura dei Disturbi Alimentari. La durata della terapia varia in relazione a numerosi fattori e può oscillare dai  6 mesi ad 1 anno, ma in alcuni casi può prolungarsi oltre tale periodo. Essa analizza e interviene sui pensieri e i comportamenti implicati nel mantenimento dei disturbi. Il trattamento  è volto a favorire: il riconoscimento e l’espressione delle emozioni, le abilità di problem solving, il miglioramento dell’immagine corporea, il miglioramento dei rapporti interpersonali attraverso lo sviluppo di maggiori abilità comunicative, l’incremento dell’autostima, la ristrutturazione di convinzioni disfunzionali alla base del disturbo. R. Dalle Grave ha individuato come meccanismo centrale  nel mantenimento dei disturbi alimentari uno schema disfunzionale di autovalutazione da cui  derivano  gli altri fattori di mantenimento sopra descritti ( pensieri e preoccupazioni per il peso le forme corporee e l’alimentazione, dieta ferrea, attività fisica eccessiva, basso peso e sintomi da digiuno, evitamenti dell’esposizione del corpo, sensazioni di essere grassi, abbuffate, comportamenti di compenso,  food checking e body checking). Accanto a questi fattori di mantenimento specifici dei disturbi alimentari vengono individuati,  fattori di mantenimento aggiuntivi (il perfezionismo clinico, la bassa autostima nucleare, l’intolleranza alle emozioni,  i problemi interpersonali) che verranno affrontati principalmente nell’ultima fase del trattamento con interventi specifici volti alla ristrutturazione delle distorsioni cognitive di perfezionismo, di pensiero dicotomico e di autosvalutazione. Nelle ultime sessioni del percorso terapeutico è prevista l’applicazione di procedure finalizzate al mantenimento dei risultati raggiunti e alla prevenzione delle ricadute.


Anoressia nervosa

L’Anoressia nervosa è caratterizzata da limitazioni dietetiche autoimposte che causano malnutrizione fino a determinare una condizione grave e potenzialmente fatale (5-18% dei casi).  In base al DSMV (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali), si considerano criteri diagnostici:

  • restrizione nell’assunzione di calorie che porta ad un peso corporeo significativamente basso  cioè inferiore al peso minimo normale per l’età e la statura

  • rtamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso.

  • Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità dell’attuale condizione di sottopeso

Attualmente, in base alla presenza o meno di regolari abbuffate o di condotte di eliminazione, si riconoscono due sottotipi

  • Con restrizioni: durante gli ultimi tre mesi non si sono avute regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione ( ad esempio vomito autoindotto, uso di lassativi o diuretici).  Il dimagrimento è dovuto al digiuno e, talvolta ad un eccessivo esercizio fisico.

  • Con abbuffate e Condotte di Eliminazione: durante gli ultimi tre mesi sono stati  presenti regolarmente abbuffate  o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, lassativi, diuretici, o enteroclismi).

Nelle persone affette da Anoressia nervosa si possono inoltre osservare una serie di manifestazioni o disturbi. Quando sono marcatamente sottopeso molte persone con anoressia nervosa possono presentare 
sintomi depressivi (umore depresso, ritiro sociale, irritabilità, insonnia, diminuito interesse sessuale), marcati sintomi  ossessivo-compulsivi  (per esempio polarizzazione ideativa sul cibo collezione di ricette, accumulo di cibarie, rituali alimentari), disagio nel mangiare in  pubblico, sentimenti di inadeguatezza, bisogno di tenere sotto controllo l’ambiente circostante, rigidità mentale, ridotta spontaneità nei rapporti interpersonali, iniziativa ed espressività emotiva estremamente ridotte. Caratteristici rituali che si possono osservare nell’anoressia Nervosa sono: mangiare molto lentamente, fare piccoli bocconi, sminuzzare e spezzettare i cibi, pulire i cibi dal grasso visibile, asciugare il condimento, usare le posate in modo anomalo (posate piccole), nascondere il cibo, fare scarti elevati, lasciare avanzi, usare spezie ed aromi in quantità eccessive, mischiare i cibi in modo inadeguato, bere quantità eccessive di liquidi o non bere, conteggiare le calorie di tutto quello che si mangia, assumere sempre gli stessi cibi, controllare cosa e quanto mangiano i commensali. Una caratteristica delle persone con anoressia, evidenziata da Hilde Bruch, è costituita da profondi sentimenti di inadeguatezza e di  incapacità di influenzare il proprio ambiente e di determinare il proprio destino. Tale percezione deriva dall’ essere cresciute in un ambiente familiare in cui si da grande valore al successo e alla riuscita, e dove si impedisce la manifestazione di comportamenti autonomi. Questa condizione determina il fatto che quando la ragazza entra nella fase dell’adolescenza non è preparata ad affrontare i problemi evolutivi tipici di questa età che richiede una maggiore indipendenza ed autonomia di scelta. Non a caso, generalmente, gli eventi che innescano il meccanismo patologico delle diete sono proprio quelle stesse esperienze che mettono alla prova il sentimento di indipendenza e di potenza dell’adolescente. Le prime relazioni eterosessuali, la perdita di un’amicizia, la malattia o la morte di un membro importante della famiglia, l’allontanamento da casa, sono le normali difficoltà evolutive che scatenano, nei soggetti che mancano di autonomia, una crisi di insicurezza. Benché non sia sempre il problema centrale, spesso la sessualità ha un ruolo importante nello sviluppo dell’anoressia. Per un gran numero di anoressiche esperienze sessuali indesiderate o problematiche innescano quella crisi di insicurezza che scatena il meccanismo patologico della dieta.

Bulimia nervosa

I criteri diagnostici indicati nel DSMV  per la bulimia nervosa sono:

  • Ricorrenti abbuffate. Una abbuffata è caratterizzata dal mangiare in un definito periodo di tempo (ad es. un periodo di 2 ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo ed in   circostanze simili e dalla sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).

  • Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.

  • Le abbuffate e le condotte compensatorie ricorrono in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi.

  • I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso  corporei.

  • L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa.

Nei soggetti affetti da Bulimia Nervosa si possono inoltre osservare una serie di manifestazioni o disturbi: difficoltà nel controllo degli impulsi, tra un’abbuffata e l’altra riduzione dell’alimentazione ed evitamento di quei cibi che credono  possono far ingrassare o scatenare l’abbuffata, scoppi di rabbia, comportamenti autolesionistici, abuso di sostanze, in 1/3 dei casi furti di  cibo nei negozi,  crescendo d’ansia ed agitazione (il desiderio impossibile di controllare la fame ed il peso corporeo si scontra con l’impulso non controllabile di assumere cibo), malessere fisico, nausea, dolori addominali, depressione e senso di disgusto verso se stessi dopo le abbuffate, aumentata incidenza dei disturbi dell’umore  e di sintomi depressivi, rischio di suicidio, perfezionismo, distorta percezione dell’immagine corporea, difficoltà a superare i problemi dell’adolescenza e infine, i conflitti familiari e le sensazioni di rifiuto e d’abbandono sono più comuni rispetto a quanto si osserva nell’anoressia.

Disturbo da binge- eating

I criteri diagnostici del DSM V per il Disturbo da Alimentazione Incontrollata o Binge Eating sono:

    A. Episodi ricorrenti di abbuffata. Una abbuffata è caratterizzata dal mangiare in un definito periodo di tempo (ad es. un periodo di 2 ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo ed in   circostanze simili e dalla sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).
    B. Le abbuffate si associano ad almeno tre dei seguenti sintomi:

    1) mangiare molto più rapidamente del normale;            

    2) mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni;            

    3) mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non si è  affamati;            

    4) mangiare in solitudine perché ci si vergogna di quanto cibo si sta  assumendo;            

    5) provare disgusto verso di sé, depressione e senso di colpa dopo ogni episodio.

    C. E’ presente un marcato disagio nei confronti del comportamento bulimico.
    D. Le abbuffate avvengono in media, almeno una volta  la settimana  per un periodo di tre mesi.
    E. Le abbuffate compulsive non si associano all’uso regolare di inappropriati comportamenti compensatori (per es. vomito, lassativi, digiuno, esercizio fisico strenuo) e non  avvengono esclusivamente nel corso di anoressia nervosa o bulimia nervosa.

Per quanto riguarda la diagnosi differenziale con la bulimia nervosa, le abbuffate delle persone affette da Disturbo da Binge eating  tendono a non essere delimitabili in quanto è difficile stabilire un inizio e una fine: durano in genere più a lungo di quelle delle persone con Bulimia Nervosa e possono continuare anche tutto il giorno. Inoltre il modo di mangiare è più lento e meno vorace. La quantità di cibo è tuttavia notevole e la sensazione di perdita di controllo è accompagnata da  sensi di colpa e di vergogna. I soggetti affetti dal Disturbo da Alimentazione Incontrollata si distinguono da quelli con bulimia per l’assenza di tre caratteristiche fondamentali: la dieta ferrea (la marcata restrizione dietetica finalizzata a contenere il peso non è presente né prima né dopo l’abbuffata, ma possono esserci tuttavia frequenti tentativi di seguire una dieta), il regolare utilizzo di comportamenti di compenso (oltre al vomito autoindotto ed all’uso di lassativi e diuretici, sono comportamenti compensatori l’eccessivo esercizio fisico, la restrizione alimentare od il digiuno e l’utilizzo di farmaci dimagranti), il valore estremamente positivo attribuito alla magrezza. Nella Bulimia inoltre è presente una maggiore distorsione dell’immagine corporea ed un’ansia associata al controllo del peso e dell’alimentazione molto più intensa. 
Il disturbo da Binge Eating in passato si diagnosticava prevalentemente tra i 30 e i 40 anni, mentre attualmente colpisce tutte le fasce d’età. Si tratta di un disturbo molto diffuso e più frequente nelle donne, ma si distingue per l’importante interessamento della popolazione maschile  (rapporto maschi/femmine di 2:3),  risulta presente in tutte le classi sociali con una leggera preponderanza percentuale nel livello socioeconomico più basso.

Pica

I criteri diagnostici del DSM V per la pica sono i seguenti:

  • Persistente ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, non commestibili per almeno un mese

  • L’ ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, non commestibili è inappropriata rispetto allo stadio di sviluppo della persona. Si suggerisce un’età minima di due anni al fine di escludere il gesto evolutivamente fisiologico di mettere in bocca oggetti che potrebbero essere ingeriti.

  • Il comportamento di ingestione  non è relativo ad una pratica culturale e socialmente approvata

  • Se il comportamento di ingestione si manifesta nel contesto di un altro disturbo mentale (come ad esempio disabilità intellettiva, disturbo dello spettro autistico, schizofrenia) o di un’altra condizione medica, si pone diagnosi di pica solo se il comportamento di ingestione  è sufficientemente grave da giustificare ulteriore attenzione clinica.

Solitamente le sostanze ingerite variano in relazione all’età e alla disponibilità delle stesse. In genere non è presente avversione per il cibo. La pica insorge più communente in età infantile, ma possono aversi casi di esordio in età adolescenziale o adulta. Quando si presenta in età adulta generalmente si verifica nel contesto di altri disturbi mentali. Durante la gravidanza può manifestarsi il desiderio incontrollato di ingerire sostanze senza contenuto alimentare e non commestibili ( ad esempio ghiaccio o gesso), ma la diagnosi di pica  è appropriata solo se l’ingestione delle sostanza suddette, costituisce un potenziale rischio medico. Il disturbo può condurre ad esiti fatali a seconda delle sostanze ingerite. Diagnosi differenziale va posta rispetto ai comportamenti autolesivi senza intenti suicidari che si possono osservare in alcuni disturbi della personalità.

Disturbo da ruminazione

Il DSM V fornisce i seguenti criteri diagnostici:

  • Ricorrente rigurgito di cibo dopo la nutrizione o l’alimentazione almeno un mese. Il cibo rigurgitato può essere rimasticato, ringoiato o sputato.

  • Il rigurgito ricorrente  non è   attribuibile ad una condizione gastrointestinale associata o ad un’altra condizione medica (come ad esempio il reflusso gastroesofageo)

  • Il disturbo non si manifesta esclusivamente durante il decorso di anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da binge eating o disturbo evitante /restrittivo dell’assunzione di cibo

  • Se i sintomi si manifestano nel contesto di un altro disturbo mentale (come ad esempio disabilità intellettiva, o un altro  disturbo nel neuro sviluppo), la diagnosi  è appropriata solo essi sono sufficientemente gravi da giustificare ulteriore attenzione clinica.

Il cibo precedentemente ingerito viene rigurgitato senza apparente nausea o conati di vomito o disgusto. Il disturbo si può manifestare lungo tutto l’arco della vita soprattutto nelle persone con disabilità intellettiva. Gli individui possono descrivere il proprio comportamento come al di fuori del loro controllo.

Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo

La categoria del DSM IV relativa al disturbo della nutrizione dell’infanzia e della prima fanciullezza nel DSM V è stata denominata disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo e i criteri diagnostici sono stati ampliati. Essi sono:

  • Un disturbo della nutrizione o dell’alimentazione (ad esempio apparente mancanza di interesse per il mangiare o per il cibo; evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo; preoccupazioni relative alle conseguenze negative del mangiare) che si manifesta attraverso la persistente incapacità di soddisfare le appropriate necessità nutrizionali o energetiche, associato a uno, (o più) dei seguenti aspetti:

    1. Significativa perdita di peso ( oppure mancato raggiungimento dell’aumento di peso previsto, oppure crescita discontinua nei bambini)

    2. Significativo deficit nutrizionale

    3. Dipendenza dall’alimentazione parenterale o da supplementi nutrizionali orali

    4. Marcata interferenza con il funzionamento psicosociale

  • Il disturbo non può essere spiegato in base ad  una mancata disponibilità di cibo oppure da una pratica culturale e non comprende normali comportamenti evolutivi come ad esempio essere schizzinosi da bambini o ridotta assunzione di cibo negli anziani

  • Il disturbo non si verifica esclusivamente durante il decorso dell’anoressia nervosa o della bulimia nervosa e non è evidente una eccessiva preoccupazione relativa al peso o alla forme corporea

  • Il disturbo non è attribuibile ad una concomitante condizione medica o disturbo mentale.

In alcuni casi la restrizione o l’evitamento dell’assunzione di cibo possono essere dovuti ad una eccessiva sensibilità alle  caratteristiche sensoriali delle qualità del cibo, come il colore, l’odore, la consistenza, la temperatura  o il gusto. Tale comportamento è stato denominato  “alimentazione selettiva” o “alimentazione restrittiva” “alimentazione schizzinosa” “neofobia del cibo” e può manifestarsi come rifiuto di mangiare determinate marche di cibo o intolleranza per l’odore di cibo mangiato da altri. Comportamenti simili si possono osservare in individui autistici oppure in alcune condizioni fisiologiche come la gravidanza, ma in quest’ultimo  caso non sono eccessivi e non soddisfano pienamente i criteri per il disturbo.  L’evitamento o la restrizione dell’assunzione di cibo possono presentarsi in associazione ad  un’esperienza traumatica come il soffocamento, una procedura diagnostica traumatica che coinvolge l’apparato gastrointestinale, oppure al vomito ripetuto. Per tali condizioni si utilizzano anche i termini di disfagia funzionale e bolo isterico.

Disturbi della nutrizione o dell’Alimentazione con altra specificazione

Il DSM V prevede l’applicazione di questa categoria in quelle situazioni in cui sono presenti sintomi che ricalcano le caratteristiche di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione ma non soddisfano pienamente i criteri per uno specifico disturbo e il clinico sceglie di specificarne la ragione. Esempi di quadri clinici che possono essere classificati utilizzando la dicitura “disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione” seguito dalla ragione specifica (per esempio disturbo da binge- eating a bassa frequenza)   sono:

 
  1. Anoressia nervosa atipica. Tutti i criteri dell’Anoressia Nervosa sono soddisfatti e, malgrado la significativa perdita di peso, il peso attuale risulta nei limiti della norma.

  2. bulimia nervosa (a bassa frequenza e/o di durata limitata). Tutti i criteri della Bulimia Nervosa risultano soddisfatti, tranne il fatto che le  abbuffate e le condotte compensatorie hanno una frequenza inferiore a una volta per settimana e/o per meno di  3 mesi.

  3. disturbo da binge- eating (a bassa frequenza e/o di durata limitata). Sono soddisfatti tutti i criteri per il disturbo da binge-eating, salvo che le abbuffate si verificano in media, meno di una volta la settimana e/o per meno di tre mesi.

  4. Il soggetto si dedica regolarmente ad inappropriate condotte di eliminazione per influenzare il peso e le forme corporee (es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici, o altri farmaci) in assenza di abbuffate

  5. Sindrome da alimentazione notturna. La Night Eating Syndrome (NES) è caratterizzata da ricorrenti episodi di alimentazione notturna che si verifica mangiando dopo il risveglio dal sonno oppure con l’eccessivo consumo di cibo dopo il pasto serale. E’ presente consapevolezza e ricordo di aver mangiato. Il disturbo non deriva da influenze esterne come la modificazione dei ritmi sonno veglia o da particolari norme sociali. L’alimentazione notturna causa un significativo disagio e/o compromissione del funzionamento. L’alimentazione disordinata non può essere spiegata da binge eating o da un altro disturbo mentale compreso l’uso di sostanze, e non sono attribuibili a un altro disturbo medico oppure all’effetto di farmaci.

Si osservano  anoressia mattutina, alimentazione in eccesso la sera, difficoltà ad addormentarsi  (spesso è necessario mangiare qualcosa per prendere sonno), risvegli notturni con la necessità di mangiare per riaddormentarsi, presenza di depressione o stress.  Colpisce circa il 2% della popolazione generale, il 9% dei pazienti obesi e il 27% dei pazienti severamente obesi ed interessa principalmente persone di  età compresa fra i 30 e i 40 anni.



Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza specificazione

Tale diagnosi si applica nei casi in cui le informazioni sono insufficienti per porre una diagnosi più specifica (ad esempio in contesti di pronto soccorso): i sintomi tipici di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione , che causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti, sono presenti, ma non soddisfano pienamente i criteri per uno specifico disturbo della nutrizione o dell’alimentazione e il clinico sceglie di non specificarne la ragione.

Vigoressia o Bigoressia (Dismorfia muscolare)

E’ un disturbo che interessa prevalentemente il  sesso maschile ed esordisce di solito nell’adolescenza. In questo disturbo l’insoddisfazione per il proprio corpo e la distorsione dell’immagine corporea si esprimono nella irrealistica convinzione di essere troppo piccoli o gracili e determinano tentativi di mascheramento con abiti pesanti od il rifiuto di indossare costumi da bagno. La convinzione di un insufficiente sviluppo della massa corporea e muscolare conduce i pazienti al proposito di incrementare il volume della muscolatura attraverso una scelta accurata di cibi ad elevato contenuto proteico, l’attività sportiva e l’uso di sostanze anabolizzanti. La bigoressia può comportare una compromissione della vita socio-lavorativa in quanto  molti pazienti arrivano ad evitare le situazioni in cui il corpo potrebbe essere esposto  e a vivere con una intensa ansia quelle inevitabili, inoltre le attività ricreative sociali e lavorative vengono spesso  sacrificate o per lasciare spazio all’allenamento in palestra,  o per non trasgredire  prescrizioni dietetiche.



Ortoressia

L’ortoressia si caratterizza  per la preoccupazione eccessiva per la purezza del cibo che si assume, il bisogno di conoscere ogni singolo ingrediente  contenuto negli  alimenti, il timore eccessivo per le conseguenze di un’alimentazione scorretta, il disgusto per i cibi non naturali, la paura di contaminare il corpo, il desiderio continuo di depurarsi, il disgusto per le persone che mangiano in modo normale, la difficoltà di relazione con chi non condivide le proprie idee sul cibo, il senso di colpa e fallimento anche per piccolissime trasgressioni alla dieta, il moltissimo tempo impiegato nella ricerca e nella preparazione  dei cibi. Inoltre il cibo deve far sentire meglio e non deve essere un piacere, la stima di sé risulta profondamente influenzata dalla propria alimentazione e dalla capacità di rispettarla in modo più rigoroso possibile. L’ortoressia può comportare una compromissione della vita socio-lavorativa in quanto l’eccessivo dispendio di tempo per la ricerca e la preparazione di cibi, il bisogno di conoscere ogni singolo ingrediente, il bisogno di programmare sempre scrupolosamente  i propri pasti, la difficoltà ad adattarsi alla consumazione dei pasti fuori casa, il disprezzo per chi non si alimenta come loro, possono  indurre  queste persone a rinunciare al proprio lavoro e alle relazioni sociali

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Vomiting o sindrome da vomito

Si tratta di un disturbo basato sul mangiare e vomitare compulsivamente più volte al giorno. 
Il vomito autoindotto è un sintomo presente sia nella Bulimia nervosa  che nell’ Anoressia, il Vomiting invece non è un sintomo quanto una vera e propria sindrome. Il processo parte dalla fantasia preparatoria all’abbuffata, fino alla scarica finale, dando vita ad una sequenza caratterizzata da un intenso piacere. Le persone con tale disturbo sono caratterizzate dall’impulso irrefrenabile a mangiare per vomitare e non ad abbuffarsi e poi utilizzare il vomito come necessaria eliminazione di ciò che hanno mangiato.

                                                                                   D.ssa Roberta Bracci