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APPROFONDIMENTI E CURIOSITA'

OTTIMISTI SI DIVENTA
Alla fine degli anni Ottanta si è sviluppata negli Stati Uniti una corrente di pensiero interessata in modo specifico ai temi della felicità, dell’ottimismo e del benessere. Questo nuovo settore della psicologia, divenuto noto con il nome di Psicologia Positiva, si occupa di studiare le condizioni e i processi che contribuiscono al benessere delle persone e al funzionamento ottimale dei gruppi e delle istituzioni. 
La Psicologia Positiva ha rappresentato una vera e propria rivoluzione che ha determinato il passaggio da una psicologia centrata sul disturbo e sui disordini mentali ad una psicologia orientata allo star bene, alla realizzazione di sé e alla ottimizzazione delle risorse personali. E’ così che il vivere in modo ottimale, il benessere e la felicità sono diventati oggetto della ricerca scientifica oltre che aspirazione di ciascun individuo. 
La Psicologia Positiva, ponendosi in un ottica di prevenzione, studia i meccanismi che favoriscono il benessere soggettivo e la felicità, cercando specifiche procedure atte ad accrescere la qualità della vita a partire da condizioni di normalità. E’ nell’ambito di questo approccio che si collocano le ricerche sull’ottimismo, il pessimismo e i loro effetti sulla salute. 
L’ottimismo consiste nella capacità di perseverare in caso di difficoltà, fronteggiando le situazioni problematiche con atteggiamento di sfida e vivendole come occasioni di crescita personale. Si tratta di un  atteggiamento che permette di cogliere le diverse opportunità e di dare il meglio di sé. Il pessimismo consiste nella tendenza a farsi abbattere dalle difficoltà, a desistere incolpando se stessi con sensazioni di impotenza e inadeguatezza personale. Si tratta di un atteggiamento di rinuncia che conduce al fallimento anche quando il successo sarebbe una meta raggiungibile. 
Molti studi hanno messo in luce che gli ottimisti si ammalano meno, invecchiano bene e risentono meno dei consueti malanni fisici della mezza età, vivono più a lungo, hanno più successi a scuola e nel lavoro, hanno una vita relazionale più ricca e soddisfacente. 
I pessimisti invece cadono più spesso in depressione, si ammalano più facilmente a causa di una minore efficienza del sistema immunitario e hanno meno successo a scuola e nel lavoro. Secondo vari studi pessimismo e ottimismo non sono caratteristiche individuali innate, ma abitudini di pensiero, tendenze apprese ad interpretare gli eventi in un certo modo. Si può dunque impararead essere ottimisti. Naturalmente non si tratta di un banale ottimismo, ma ci si riferisce ad una visione disincantata e costruttiva, che pur non trascurando i dati negativi di realtà, sia in grado di valorizzare quelli positivi.
Martin Seligman, un autorevole studioso del settore, sostiene che alla base del pessimismo e dell’ottimismo ci sono due elementi:

  1. La sensazione di poter esercitare o meno un controllo sugli eventi.
    In questo senso, le persone che si vivono come impotenti, convinte che qualsiasi cosa facciano non servirà per raggiungere i loro scopi, saranno probabilmente più pessimiste delle persone che al contrario, si percepiscono come autoefficaci, ossia pensano di poter modificare circostanze ed eventi così da raggiungere gli obiettivi e i successi ipotizzati. La sensazione di impotenza viene appresa nel corso della vita sulla base di ripetute esperienze in cui la passività ha ottenuto approvazione, oppure in seguito a ripetute esperienze in cui i tentativi di modificare la situazione sono falliti.

  2. Il modo con cui ci spieghiamo ciò che ci accade. Sulla percezione di sentirsi impotenti o meno, capaci di controllare ciò che ci accade o meno, incide pesantemente lo stile esplicativo, vale a dire il modo in cui abitualmente ciascuno spiega a se stesso le cause degli eventi negativi o positivi che accadono nella vita.

M. Seligman, a questo proposito, ritiene che ciascuna persona abbia un proprio stile esplicativo, cioè una propria modalità di interpretare le cause degli eventi. Tale modalità deriva dalla visione che ciascuno ha del mondo e di se stesso: se pensa di essere una persona di valore e meritevole avremo a che fare con un ottimista, se al contrario pensa di essere una persona indegna di valore e immeritevole avremo a che fare con un pessimista. Uno stile esplicativo ottimistico interrompe lo stato di impotenza, mentre uno stile esplicativo pessimistico lo rafforza. “Accurate ricerche dimostrano che le persone con abitudini di pensiero pessimistiche possono trasformare semplici avversità in disastri. Per farlo, trasformano la propria innocenza in colpa.” (M. Seligman) Così il modo in cui la persona si spiega gli eventi può renderla impotente o può darle forza di fronte ad una avversità.

Lo stile esplicativo è caratterizzato da tre dimensioni cruciali: la permanenza, la pervasività e la personalizzazione.

  • Permanenza Riguarda quel modo di spiegarsi gli eventi secondo cui le cause dei propri successi o dei propri fallimenti perdurano nel tempo e non sono modificabili. Le persone pessimiste sono portate a credere che la causa dei loro fallimenti sia da ricercarsi in aspetti negativi di sé o nella mancanza di abilità che non riusciranno mai ad avere. I pessimisti  pensano agli eventi negativi come determinati da elementi costanti. Le persone ottimiste invece, attribuiscono i fallimenti a condizioni temporanee. Questa dimensione spiega perché i pessimisti si arrendono facilmente mentre gli ottimisti persistono nel cercare di raggiungere un obiettivo anche in presenza di errori e fallimenti. In altre parole le spiegazioni permanenti degli eventi negativi producono un’impotenza che dura a lungo mentre le spiegazioni temporanee generano la capacità di recupero.

  • Pervasività Le persone con uno stile pervasivogeneralmentenon riescono a spiegarsi gli eventi in modo specifico, vale a dire circoscrivendo l’ambito della propria vita in cui si è verificato un fallimento. Alcune persone nonostante abbiano problemi in qualche campo della loro vita ( ad es. il lavoro), riescono ad andare avanti adeguatamente per gli altri aspetti; altre invece tendono a fare di tutto una catastrofe, così se hanno problemi sul lavoro pensano che la loro vita sia un fallimento totale. Le persone pessimiste, che danno spiegazioni universali ai loro fallimenti, quando esperiscono l’insuccesso in un’area, si arrendono anche su ogni altra cosa. Le persone ottimiste invece, che sanno dare spiegazioni specifiche (non pervasive), sebbene possano diventare impotenti nel campo in cui hanno sperimentato un insuccesso, sanno comunque mantenersi attive in altri ambiti della vita. In altre parole le spiegazioni universali determinano impotenza in molte situazioni, mentre le spiegazioni specifiche generano impotenza solo nell’area in cui il soggetto è in difficoltà. La possibilità di avere o non avere speranza è legata a questi due diversi modi di spiegarsi gli eventi: infatti è più facile riuscire a sperare quando si trovano cause temporanee e specifiche alle avversità.

  • Personalizzazione Quando si manifestano degli eventi negativi si può individuare la causa in se stessi oppure in fattori esterni. Le persone che si autoaccusano quando falliscono, hanno di conseguenza, una bassa autostima. Al contrario le persone che attribuiscono gli eventi negativi a fattori esterni, sempre che lo facciano senza perdere di vista le proprie responsabilità, non perdono l’autostima. Le persone che attribuiscono a se stesse il merito degli eventi positivi si amano di più rispetto a coloro che attribuiscono gli eventi positivi ad altre persone, a particolari circostanze o alla fortuna. E’ importante una obiettiva valutazione della situazione: attribuirsi la responsabilità di eventi imponderabili produrrebbe inutili sensi di colpa e di impotenza, mentre attribuirsi successi scaturiti da concomitanze favorevoli, oppure ingigantire le difficoltà di un compito per apparire più bravi non è costruttivo.

In sintesi le origini dell'ottimismo e del pessimismo sono legate al modo di interpretare gli eventi gli ottimisti tendono ad interpretare gli insuccessi come occasionali, circoscritti e impersonali e i successi come personali, universali e permanenti; i pessimisti invece credono che la colpa delle avversità sia propria, che gli eventi negativi dureranno per sempre e che rovineranno ogni cosa.

Una modalità di pensiero pessimistica può incidere negativamente sulla salute e può predisporre all’insuccesso. Utilizzando uno stile esplicativo permanente, pervasivo e personalizzante, si diventa depressi con maggiore facilità e si alimentano aspettative negative che, ostacolando il pieno utilizzo delle proprie potenzialità, espongono al fallimento. Così le profezie dei pessimisti si auto adempiono e danno vita a circoli viziosi dove pessimismo e bassa autostima determinano insuccessi che a loro volta rafforzano sfiducia e aspettative negative. Secondo Seligman per imparare l'ottimismo occorre individuare il proprio stile esplicativo e i pensieri negativi che scaturiscono da esso. Si possono interrompere i circoli viziosi  individuando e mettendo in discussione  i pensieri negativi confutandoli sulla base di prove contrarie. Occorre prendere le distanze dalle credenze qualificandole appunto come "credenze" ovvero come assunti che possono corrispondere o meno alla realtà.

L’approccio Cognitivo Comportamentale aiuta la persona a spezzare i circoli viziosi, a costruire una visione diversa e più costruttiva della realtà, a circoscrivere l’eventuale insuccesso,  ad imparare dai propri errori.
La confutazione delle credenze e dei pensieri negativi consente alla persona di passare da uno stile esplicativo pessimista ad uno ottimista attraverso il "dialogare" con se stessa quando deve affrontare una sconfitta. Discutendo efficacemente i pensieri negativi è possibile passare dalla disperazione alla speranza trasformando l’abituale reazione di avvilimento e resa che segue ad una difficoltà, in una reazione che conduce ad una buona disposizione psichica presupposto di una efficace attività.

                                                                                         D.ssa Roberta Bracci