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APPROFONDIMENTI E CURIOSITA'

L'ATTACCAMENTO
Un legame affettivo è un legame relativamente stabile nel tempo in cui c’è il desiderio di mantenere la vicinanza con l’altro.  L’attaccamento è una varietà di legame affettivo in cui il senso di sicurezza dell’individuo è vincolato al rapporto: il bambino utilizza la madre come “base sicura” dalla quale partire per esplorare il mondo e alla quale tornare quando qualcosa lo spaventa. L’esistenza dei legami affettivi o dell’attaccamento possono essere edotti dall’osservazione dei comportamenti di attaccamento vale a dire  tutti quei comportamenti che permettono al bambino e all’adulto di raggiungere e mantenere la vicinanza con la persona per cui si prova l’attaccamento: il sorriso, il contatto oculare, il contatto fisico, la ricerca dell’altro l’aggrapparsi. Bowlby  distingue i  comportamenti di attaccamento in due classi: il comportamento di segnalazione (pianto, sorriso, vocalizzazione) e il comportamento di accostamento (aggrapparsi, seguire). Entrambi svolgono la funzione di assicurare contatto fisico e vicinanza. Il bambino è predisposto a realizzare un legame di attaccamento con una o più figure, di solito la madre e solo in rare situazioni tali attaccamento non si stabilisce (ad esempio i  bambini autistici, o istituzionalizzati o coloro che avendo subito molteplici cambiamenti nelle figure primarie di attaccamento, non riescono a costruire un legame di attaccamento privilegiato). 
Secondo Bowlby “la tendenza a stabilire forti legami emotivi  con determinate persone è una componente  fondamentale della natura umana”. I bambini nascono programmati per stabilire un legame di attaccamento che ha un valore fondamentale per la sopravvivenza in quanto consente al bambino di avere le cure e la protezione di cui ha bisogno. 
L’etologia, con gli studi sull’imprinting,  ha chiarito che i legami precoci si instaurano in periodi sensibili in conseguenza di eventi particolari diversi da specie a specie secondo un programma biologicamente preordinato. Gli studi di Harlow sulle scimmie fanno pensare che, negli esseri superiori, gli eventi particolari consistono in specifiche forme di interazione. Gli studi sull’uomo hanno stabilito che il bambino è geneticamente  programmato a formare legami di attaccamento in un periodo sensibile che comprende i primi sei, sette mesi di vita e gli eventi decisivi sono le interazioni con l’adulto, ma a differenza delle scimmie in cui sono fondamentali le interazioni motorio-tattili, nell’uomo è importante l’interazione visiva, e, sebbene anche le interazioni attraverso il pianto e altre espressioni vocali influiscono, sembra che il contatto visivo con la routine di fissazione reciproca e coorientazione, incida più dei rapporti basati sul sorriso. Non tutte le interazioni contribuiscono a far nascere il legame, è infatti essenziale che l’interazione sia coordinata. Il bambino risponde ai segnali della persona che si prende cura di lui, la quale a sua volta risponde al bambino in modo che ciascuno fornisce continuamente all’altro un feedback positivo: il bambino risponde sorridendo e vocalizzando e la madre gli sorride e gli parla. L’adulto deve avere 2 requisiti fondamentali: la sensibilità e la disponibilità, se l’adulto non sa cogliere prontamente i segnali emessi dal bambino non riesce a coordinarsi con lui. Nello stabilirsi del legame anche  il piccolo determina l’andamento dell’interazione: guida alcuni scambi visivi  (di solito è il protagonista della fissazione intermittente) e soprattutto, col suo temperamento può influenzare il comportamento dell’adulto; infatti ad esempio, è meno probabile che il partner adulto sia sensibile e disponibile nei riguardi di un bimbo dal temperamento difficile, vale a dire irritabile, poco adattabile ai cambiamenti, che piange spesso.

Modelli Operativi Interni

Secondo Bowlby i comportamenti di attaccamento si sviluppano nel corso di tutta la vita, ma il primo attaccamento è fondamentale in quanto costituisce un Modello Operativo Interno.
I Modelli Operativi Interni sono rappresentazioni mentali che gli individui costruiscono nel corso dell’interazione col proprio ambiente. Essi hanno la funzione di veicolare la percezione e l’interpretazione degli eventi da parte dell’individuo, consentendogli di fare previsioni e crearsi aspettative sugli accadimenti della propria vita relazionale. Quindi permettono al bambino, e poi all’adulto, di prevedere il comportamento dell’altro guidando le risposte, soprattutto in situazioni di ansia o di bisogno. Questo modello operativo del rapporto di attaccamento include diverse informazioni: la fiducia (o sfiducia) da parte del bambino che la figura di attaccamento sia sempre disponibile, il timore di essere rifiutato,  le aspettative di affetto e quel senso di sicurezza  che fa sì che il bambino possa pensare all’altro come una base sicura da cui partire per esplorare il mondo. Alla fine del primo anno di vita il modello interno è già formato e in seguito diventa più complesso e stabile.  A cinque anni di solito il bambino ha un chiaro modello interno riguardante la madre (o chi si prende cura di lui), un modello di sé e uno riguardante i rapporti. Questi modelli una volta formati, organizzano, danno senso alle varie esperienze e condizionano il comportamento del bambino che, come è stato accertato, tende a ricreare nei suoi rapporti interpersonali, lo schema che gli è più familiare. Il modello operativo interno costituisce dunque una sorta di cliché sul quale si costruiscono tutti gli altri legami.

Lo sviluppo dell’attaccamento

Bowlby descrive lo sviluppo dell’attaccamento in varie fasi:

  1. orientamento e segnalazione non focalizzati (0-3 mesi). Come per Piaget anche per Bowlby il bambino nasce con un insieme di schemi innati di comportamento che lo orientano verso gli altri e segnalano i suoi bisogni. Pianto, sorriso, vocalizzazione servono a far avvicinare la persona, a farsi prendere in braccio. Tali comportamenti di attaccamento, in questa fase, non sono diretti verso una persona specifica;

  2. orientamento e segnalazioni focalizzati (3-6 mesi).  A 3 mesi il bambino comincia a mirare i suoi comportamenti di attaccamento. Sorride di più alle persone che si prendono regolarmente cura di lui. In questa fase, i bambini non evidenziano segni di ansia se vengono momentaneamente allontanati dai genitori né mostrano segni di paura nei confronti degli sconosciuti;

  3. comportamento della base sicura (6-8 mesi).  Il vero attaccamento si ha verso i sei mesi. Poiché è in grado muoversi più liberamente, strisciando e andando carponi, il bambino ora può dirigersi verso chi si prende cura di lui. Il bambino “usa” la persona più importante come “base sicura” dalla quale partire per esplorare il mondo che gli sta attorno ed è questo un segnale significativo che dimostra l’esistenza di un attaccamento; altri segnali che compaiono nello stesso periodo sono la paura degli estranei e la protesta per la separazione.

Molto importante per il formarsi dell’attaccamento è lo sviluppo cognitivo che consente l’acquisizione della permanenza dell’oggetto: il bambino si rende conto che un oggetto continua ad esistere anche quando non lo vede e così capisce che la madre continua ad esistere anche se non è lì con lui. Tale acquisizione rende più tollerabili le separazioni.
Verso i 2-3 anni la maggior parte dei comportamenti di attaccamento diventa meno evidente e il bambino passa da un attaccamento fisico ad uno simbolico. Ciò vuol dire che non ha bisogno di vedere il partner per sentirsi sicuro. Sa che c’è e porta con sé questa consapevolezza: ha interiorizzato la figura di attaccamento.

Qualità dell’attaccamento

Le variazioni dei primi rapporti di attaccamento vengono descritte usando la classificazione di Mary Ainsworth. La studiosa ha individuato i vari tipi di attaccamento basandosi sui risultati di un protocollo sperimentale, definito “strange situation”, che ha coinvolto bambini dai 12 ai 18 mesi. Il bambino viene introdotto in una stanza per lui sconosciuta, ma senza aspetti allarmanti, e viene osservato in una sequenza di 3 episodi di tre minuti ciascuno. Inizialmente bimbo e madre stanno insieme nella stanza, poi la mamma lascia il bimbo e ritorna per due volte: una prima volta lo lascia con un estraneo, una seconda da solo. L’attenzione degli osservatori si concentra sulle reazioni del  bambino sia al momento della separazione dalla madre che al suo ritorno.  Sulla base di questi studi  si sono individuati tre tipi di attaccamento: attaccamento sicuro, insicuro evitante, insicuro ambivalente. 
Caratteristiche fondamentali dei bambini con attaccamento sicuro sono: maggior impegno nel gioco, curiosità e attenzione più strutturata, maggiore tolleranza alle frustrazioni, più capacità di interazione e preoccupazione per gli altri. Buoni legami di attaccamento nell’infanzia si ripercuotono positivamente nella qualità della vita successiva. Le persone con buone esperienze di attaccamento infantile sopportano meglio gli stress, hanno maggiore fiducia in se stesse e mostrano intraprendenza, gusto delle novità e curiosità. Nelle relazioni interpersonali  tendono ad essere più aperte e socievoli, accettano maggiormente la vicinanza e non si sentono a disagio nell’eventualità di dover dipendere dagli altri, inoltre in genere, non temono di essere abbandonate. Le relazioni amorose di queste persone tendono ad essere durature e serene. L’attaccamento sicuro si produce in base alla sensibilità della madre di rispondere in modo congruo e tempestivo alle esigenze del bambino.
I bambini con attaccamento insicuro evitante hanno genitori che ignorano le richieste del figlio oppure rispondono con fastidio e irritazione. Gradualmente i bambini imparano a inibire i propri bisogni, a non chiedere e ad evitare qualsiasi domanda di aiuto, tendono a giocare da soli e a tenere gli altri a distanza, entrano facilmente in conflitto e hanno reazioni aggressive talvolta imprevedibili. Crescendo diminuiscono i comportamenti apertamente aggressivi, tuttavia  ricorrono  facilmente a minacce e sono molto competitivi cercando sempre di primeggiare nelle contese con i compagni. A scuola questi bambini possono apparire buoni, silenziosi e con ottimo profitto, ma  presentano conflitti psichici e malgrado la presunta maturità ed autonomia il loro equilibrio psicologico è precario. Da adulti tendono ad essere diffidenti e a vivere con un certo disagio la vicinanza emotiva. Nelle relazioni amorose tendono a trattare il/la partner con freddezza e non amano mostrarsi “dipendenti” dal legame d’amore che stabiliscono con lui/lei.
I bambini con attaccamento insicuro ambivalente hanno invece genitori che non rispondono in modo adeguato alle richieste del figlio ignorando ripetutamente i suoi bisogni e fornendo invece attenzione quando non è richiesta. Questi bimbi non capiscono cosa devono fare per guadagnarsi l’affetto dei genitori e non sanno mai quando questi possono essere disponibili con loro. La formazione di un  attaccamento ambivalente provoca forti ripercussioni sulla psiche del bambino che tenderà a dipendere dal mondo esterno nel quale cercherà continuamente conferme  circa la validità del proprio sentire e del proprio agire. Una delle conseguenze di questo tipo di attaccamento può essere la strutturazione in età adolescenziale, della tossicodipendenza prevalentemente nei maschi, e dell’anoressia nelle femmine. I bambini con attaccamento ansioso ambivalente mostrano problemi di adattamento quando vengono inseriti nella scuola materna e i primi giorni appaiono spesso inconsolabili. A causa della scarsa affidabilità della madre, il bambino forma un modello di se stesso come di persona che dubita di essere degna di essere amata. Da adulti hanno l’impressione che gli altri siano riluttanti a star loro vicino e temono di non essere amati. Vivono interiormente un conflitto tra il desiderio di stabilire un’unità profonda con le persone a cui vogliono bene, e la paura dell’intimità  che li porta a “scappare dagli altri”. Le relazioni sentimentali sono spesso travagliate, in quanto tendono ad essere possessivi e molto gelosi, irascibili e difficilmente consolabili quando sono giù di corda.
Studi più recenti hanno evidenziato un quarto tipo di attaccamento definito insicurodisorganizzato/disorientato che si  realizza quando la figura di attaccamento è sperimentata come minacciosa. Si tratta di bambini con madri dalla personalità rigida e anaffettiva, padre disimpegnato e periferico. A causa degli abusi, i maltrattamenti e le violenze subiti da parte della figura materna,  elaborano durante l'infanzia, rappresentazioni interne della relazione, confuse e incoerenti. I bambini sono spaventati e  interiorizzano l’idea di un ambiente minaccioso dove regna confusione e incontrollabilità, e ciò talvolta produce in età adulta, strutture della personalità disturbate (disturbo borderline), o veri e propri quadri psicotici.  Da adulti nelle relazioni amorose sono spesso incapaci di scegliere partner affidabili e rischiano di rimanere coinvolti in relazioni distruttive, con persone violente ed aggressive. D’altra parte spesso, gli stessi individui con modelli interni di tipo disorganizzato, tendono a dar vita, e a mantenere nel tempo, relazioni improntate su modalità comunicative violente e fredde, rivelandosi  partner e genitori maltrattanti, o abusanti.

Gli effetti sulla salute mentale e l’adattamento

E’ necessario ricordare che l’attaccamento insicuro non è l’equivalente di una diagnosi psichiatrica infantile e che l’insieme dei comportamenti considerati insicuri non sono espressioni di psicopatologia. Numerosi fattori al di là dell’attaccamento primario influenzano lo sviluppo: la presenza di altre relazioni, severe patologie, avvenimenti significativi (in positivo o in negativo) che possono presentarsi nel corso della vita. La vita sociale e affettiva umana è assai complessa e questo non la rende solo difficile, ma anche ricca di opportunità. L’individuo nel corso degli anni, attraverso l’esperienza sociale successiva, può riparare i guasti di certi disagi dell’infanzia fino a cancellarli. Gli studi empirici non hanno confermato l’ipotesi che gli attaccamenti infantili disturbati producono nell’adulto alterazioni della personalità, delinquenza e vere e proprie malattie mentali. Oggi è chiaro che gli stati patologici e la criminalità sono dovuti a meccanismi complessi e chiamano in causa più fattori. E’ vero che nella storia individuale  di persone con disturbi della personalità e delinquenti spesso si scoprono esperienze negative negli attaccamenti infantili. Però è anche vero che la maggioranza delle persone che non hanno sviluppato attaccamenti sicuri nell’infanzia, recuperano nello sviluppo successivo e non hanno gravi problemi. D’altra parte criminali e persone mentalmente disturbate hanno storie di vita in cui compaiono abitualmente molti altri fattori negativi che hanno turbato il loro sviluppo sociale: miseria, maltrattamenti, conflitti in famiglia. A volte fin dalla nascita si può rintracciare un temperamento difficile, che non ha fornito un buon terreno per uno sviluppo sociale ed emotivo sereno.

                                                                                         D.ssa Roberta Bracci